10/07/15

Semplificazioni // Simplifying

[English version below]
Ho cominciato a pensarci pochi giorni dopo l’inizio del lavoro. La collega che mi stava spiegando i miei compiti di base, a un certo punto, mi ha detto: “Ah, è vero che tu studi giapponese! Che bell’hobby!”. Rumore di unghie sulla lavagna.

Working place
Because I would never think about Japan while I work

Una settimana dopo, parlando con un’altra delle ragazze del mio ufficio, ho accennato ai miei due anni a Kyoto e, dopo la sorpresa, è arrivata la domanda: “Ma il cibo giapponese fa schifo, vero?”.

Sono episodi insignificanti, ma che si ripetono spesso. All’inizio mi blocco un attimo, perché non sono più abituata. Per anni ho avuto intorno amici giapponesi, amici conosciuti in Giappone, e anche la mia vita virtuale è stata circondata da persone con interessi simili ai miei. Essere messa di nuovo di fronte al fatto che la maggior parte della gente non solo non ha la minima conoscenza, ma neppure la minima curiosità riguardo a cose che per me sono quotidiane, mi destabilizza.

È ovvio che in questi casi faccio un sorriso e do risposte scontate, perché si tratta sempre di chiacchiere di circostanza, tanto per dire qualcosa. E allora semplifico, limo, riduco il Giappone in bocconcini facili da digerire e lascio che resti quella fotografia esotica e sgraziata che sta nelle loro teste.

Non è sempre facile, perché per me il Giappone è ancora al centro dei miei progetti futuri. Questo lavoro stesso è soltanto un appoggio facile, il sostegno necessario e non troppo impegnativo mentre studio per l’N1. I momenti che posso dedicare allo studio, o alla lettura, o all’ascolto, o alla visione del giapponese, sono quelli in cui mi sento a casa.

Nel mio quotidiano londinese è inevitabile mettere il Giappone in una scatola piccolina e poco ingombrante, eppure nel fondo del mio cuore mi pare di tradire una parte di me - la più vera - in modo imperdonabile.

Street art, SouthbankEnglish:
I started thinking about it a few days after the beginning of my new job. A collegue was explaining me my basic tasks, and for some reason she said: “Oh, right, you study Japanese! What a nice hobby!”. Sound of nails scraping down a chalkboard.

A week later I mentioned to another girl from the office that I lived in Kyoto for two years. She got surprised at first, then asked: “Japanese food is horrible, right?”.

These are just trivial episodes, but they happen often. At first I freeze: I’m not used to this anymore. For years I've had Japanese friends, friends I met in Japan, and even my virtual life has been surrounded by people who share my interests. Now I have to face one more time the fact that most people don’t know, and are not in any way curious about, things that are part of my everyday life. It throws me off centre.

Red Cat
... like this cat

Of course I smile and give clichéd answers, because that’s what you do during small talks. So I simplify, erode, reduce Japan into small pieces easy for them to assimilate. I preserve the exotic, unbalanced picture of it they have in mind.


It isn’t easy most of the time, because Japan still is the centre of my future projects. This job itself is the necessary, undemanding support I need while I study for JLPT N1. When I can spend time learning, reading, listening, watching Japanese, then I feel at home.

Hankyu Densha
At home

In my London routine I have to store Japan in a small box and keep it out of the way, but deep in my heart I feel like I’m unforgibably betraying the real me.

18 commenti:

  1. A volte ho la sensazione che alle persone piaccia sminuire senza nemmeno rendersene conto.
    Frasi banali ma che a chi è sensibile danno fastidio e certe volte fanno male (ah, la Cina? È vero che sono sporchi?)

    In situazioni come la tua, in cui stai lavorando ad un progetto importante, la cosa migliore da fare è proprio sorridere e andare avanti.

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    1. Proprio quella è la parte che mi fa dispiacere di più. Immagino che tante persone non abbiano alcun interesse per il Giappone, è normalissimo, ma se non si conosce qualcosa non c'è alcuna ragione per sminuirla. Tanto più se si sta parlando con qualcuno che al contrario l'interesse ce l'ha.

      Quasi preferirei che non mi facessero affatto domande, ma come dici tu, ci passo sopra con un sorriso il più delle volte.

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  2. Ti capisco. Io lascio sempre tutti a bocca aperta quando dico che non ho mai assaggiato il sushi. "E allora cosa hai mangiato per quindici giorni? Come hai fatto a sopravvivere mentre eri là?"
    Così cerco di spiegargli che la cucina giapponese è esattamente come quella italiana: varia e regionale. Tanto per fare un esempio. Ma io non me la prendo più di tanto, la trovo invece un'ottima occasione per far conoscere questo splendido paese! :)

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    1. Per quanto riguarda il cibo è proprio una battaglia persa! Nemmeno a me il sushi fa impazzire, l'ho mangiato un paio di volte in quei locali coi piattini a 100 yen, ma mai sushi di qualità, quindi non saprei proprio dire nulla a riguardo.
      La cucina, tra i tanti aspetti della cultura giapponese, è forse quello che sarebbe più comprensibile se solo la gente ci provasse. Ci sono tanti piatti dal sapore "accessibile" che credo piacerebbero anche a chi storce sempre il naso.

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  3. If people don't know about something, make it your job to enlighten them. Talk freely about something you're passionate about, if it makes you happy. Don't give people the easy answers just because it's simple, and because that's what you feel is expected of you :)

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    1. I'm afraid some people don't really care about being enlightened.
      Sometimes it's really rewarding to talk with someone who doesn't know much but is curious, other times it's just frustrating because of stereotypes. But yes, I guess it's worth to give it a try!

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  4. (I should probably have put that into context by saying I've had a fair few odd comments like "Ohhhh, aren't Japanese people cleaner than Chinese people?" and some really dull but common ones like "Do you like sushi/Isn't Japanese really hard/etc.?" I think I've just learned to be patient and explain things...it drives you mad otherwise...)

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  5. Ciao e piacere, mi chiamo Silvana :)

    Anche io ho vissuto per due anni in Giappone, ormai un po' di tempo fa (2005-2007). Volevo lasciarti un commento al post in cui scrivevi che stavi lasciando Bologna, perchè la cosa mi aveva fatto molto sorridere: infatti, al termine della mia esperienza giapponese, io, originaria del sud Italia, mi sono trasferita a Bologna, tua città di origine, dove vivo tuttora felicemente!

    Dunque, premetto che la nostalgia del Giappone credo non ci abbandonerà mai, nonostante anche io, come te, scelsi volontariamente di lasciare il paese. Appena tornata in Italia, ricordo un periodo di grandissima angoscia e tristezza. Non potevo leggere nulla che riguardasse il Giappone, nè vedere foto, nè aprire siti web che potessero ricordarmi la mia vita lì, senza scoppiare a piangere. I ricordi mi facevano un male tremendo. E, ripeto, era stata una mia decisione quella di tornare in Italia.

    Poi, con il tempo, tutto si è attutito. Ho trovato una mia dimensione qui, bella, e Bologna è stata fondamentale in questo percorso, mi ha accolta, mi accoglie ancora oggi, mi ha fatto innamorare in tutti i sensi!
    Oggi Tokyo mi manca ancora molto, e voglio assolutamente tornarci appena possibile, ma viverci non mi interessa per ora, è tutta un'altra storia rispetto all'inizio.

    Ricordo che anche io mi trovavo davanti alle domande che citi (mi ci trovo ancora oggi), e mi chiudevo nel mio mondo, anche con un po' di sufficienza, pensando "dio che ignoranti!". Poi, piano piano, ho pensato alle domande altrettando stupide che molti giapponesi mi facevano quando ero lì, riguardo all'Italia, all'Europa, al mondo occidentale. Mi sono ricordata che dei PROFESSORI UNIVERSITARI lì avevano chiesto al mio amico senegalese se in Africa ci fosse la tv. E allora mi sono detta "perchè mai dovrei sentirmi superiore a qualcuno soltanto perchè so due cose in più di quel paese?"
    Da lì ho cambiato atteggiamento, mi sono aperta totalmente alla mia nuova vita, ho pensato che ero ancora troppo giovane (lo sono ancora direi :) ) per decidere già che quella era la mia strada, che volevo imparare anche cose che non c'entravano nulla con il Giappone, che quello che avevo intorno meritava di essere vissuto appieno, non a metà soltanto perchè io continuavo ad ancorarmi a quel ricordo del Giappone.

    E così eccomi qua, ho certamente dimenticato un po' di giapponese, almeno rispetto a quando lo parlavo tutti i giorni e nonostante lo usi ancora di tanto in tanto, ma sono felice lo stesso. Tra l'altro, è proprio di questi giorni la decisione di riprenderlo in mano seriamente :)

    Perdonami la lungaggine, credo sia il commento più lungo che io abbia mai scritto, mi sono fatta prendere la mano :) Spero che sia chiaro quello che volevo esprimere.
    Intanto ti mando un caro saluto, se hai voglia di fare chiacchiere sono qui :)

    Sei in una città fantastica, che merita tanta attenzione e voglia di vivere, non sprecare nulla ;)

    Silvy

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    1. Ciao Silvana, piacere di conoscerti e grazie mille per il commento, mi fa sempre piacere quando qualcuno mi scrive tanto e scopro storie e punti di vista diversi.
      Se poi è qualcuno la cui strada, in qualche modo, incrocia o sfiora la mia, è ancora più interessante.

      Sono d'accordo, so per certo che la nostalgia di Giappone, anche tra 10 anni, sarà ancora da qualche parte dentro di me. Non importa che abbiamo deciso noi di andarcene, è parte di noi e dei nostri ricordi, e credo sia un paese che ti entra dentro più di altri.
      Ogni foto fa male, e lo vedo dappertutto: ho paragonato più volte il mio rapporto col Giappone a una storia d'amore, ed è sempre la similitudine più appropriata.

      Sono felice di leggere che la "mia" Bologna ti abbia abbracciata e fatta sentire benvenuta, sa essere accogliente e materna, e tra le città italiane probabilmente non la cambierei con nessuna. Per me è diventata stretta, per ragioni anche personali, ma sarà sempre in un certo senso casa, è il luogo in cui ho radici e famiglia, ed è bellissima.
      Credo che per fare attutire il dolore di una perdita - che sia di una persona o di un luogo - trovare qualcos'altro che scalda il cuore sia di enorme aiuto.

      Trovare la propria strada è quasi sempre difficile, soprattutto se se ne provano tante e ci si mette in discussione. Si va per tentativi, ci si trova in vicoli ciechi, si cade e bisogna tornare indietro per un tratto, poi a volte una occasione, un incontro, un'idea inaspettati ci portano in un luogo che non avremmo pensato, ma che diventa giusto per noi. Io non ci sono ancora arrivata, ma intanto cerco di prendere il meglio che posso dalle situazioni.

      Sai, non sono tanto le domande (a volte curiose, a volte ingenue) a darmi fastidio. Se qualcuno chiede io rispondo sempre volentieri, anche quando si tratta di cose che do ormai per scontato. Quel che mi fa arrabbiare è il giudizio, il razzismo, l'idea della superiorità di un punto di vista o di una cultura rispetto a un'altra. Quindi cerco di non sentirmi migliore io perché so due cose sul Giappone, però mi fa arrabbiare se qualcun altro si sente migliore dei giapponesi perché pensa che il pesce crudo sia cibo da zotici.

      Per me i progetti futuri hanno ancora a che fare col Giappone, non necessariamente IN Giappone. Non sono chiusa a altre opportunità, soprattutto perché a Londra davvero c'è l'impressione che le cose succedano e succedano in fretta, per chi sa coglierle. Però le mie sensazioni, la felicità che provo quando leggo i kanji, parlano chiaro. Magari in maniera trasversale, magari da lontano, vorrei che il mio futuro avesse ancora a che fare col Giappone. Ma si vedrà, e intanto come dici tu imparare da ogni esperienza è fondamentale.

      Ti ringrazio ancora per il lungo commento, e credo di essermi persa in un'altrettanto lunga risposta! :)
      Salutami Bologna, che mi dicono essere caldissima in queste settimane, e in bocca al lupo per il ritrovato impegno nello studio del giapponese!

      A presto, e vale lo stesso invito: se hai voglia di condividere altri pensieri puoi lasciare un commento quando vuoi (rispondo sempre, appena ho tempo) o contattarmi in altro modo (ci sono le icone coi link nella colonna a destra).
      Ciao,
      Elena

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    2. Ti sei espressa molto chiaramente, ora ho capito bene cosa vuoi dire. Concordo pienamente sulla questione del giudizio e del razzismo, sono aspetti che detesto con tutta me stessa.

      Bologna è calda sì, da morireee! Resistiamo aspettando un po' di vacanza ad agosto :)

      Teniamoci in contatto allora, a presto! :)

      Silvy

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    3. Mi fa piacere, a volte quando mi faccio prendere da un argomento ci metto troppa foga! :)

      Dai che agosto è vicino, manca poco! A presto!

      Elena

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  6. Bellissimo blog, bentrovata!

    Confesso che dopo aver vissuto a Londra quasi due anni mi sono resa conto di quanto possono essere inconsapevoli gli Inglesi di tutto quello che sta fuori il Regno. Ma non ti preoccupare... hanno anche tanti pregi :D

    Io sono a Londra fino a giovedì (poi torno a fine agosto): se ti va di prenderti un caffè fammi sapere :)

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    1. Ciao e grazie per il commento, benvenuta!

      Io sono una novellina di Londra, ma non credo siano soltanto gli inglesi, purtroppo è molto diffuso ovunque il modo di pensare da "so tutto io". Per ora sono in osservazione attenta, ma sono ottimista sul trovare lati positivi tra i Londoners! :)

      Questa settimana la vedo dura, ma a fine agosto quando riesco a organizzarmi con più calma volentieri, fammi sapere! :)

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  7. Cara Elena, mi sono fermata a "che bell'hobby!" T_T
    Scherzi a parte, capisco cosa intendi, anche se io penso sempre di trovarmi in un contesto decisamente paradossale. Ormai sono abituata ad avere a che fare con persone che conoscono il Giappone, e anche la mia cerchia di amici "outsider" dopo anni di frequentazione con me sono diventati quasi esperti (o almeno, si percepisce la forte curiosità, e io che parlerei per ore di Giappone trovo terreno fertile per i miei monologhi infiniti! XD). Allo stesso tempo, mi trovo per lavoro a parlare con dei giapponesi che hanno dell'Italia una visione a dir poco stereotipata (se non offensiva e razzista) che altro che braccia che cadono, poi se fino a poco tempo fa mi rapportavo con italiani per lo meno interessati, ultimamente sono stata costretta di nuovo a rapportarmi con gente che oltre a non sapere (che non è una colpa, ci mancherebbe), pretendono anche di insegnarti... e lì la pazienza un po' si perde! Che poi va bene cercare di spiegare, ma se dall'altra parte c'è un muro di ignoranza impossibile da abbattere... be', meglio lasciar perdere!
    Un abbraccio cara! :)

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    1. Sulla parola "hobby" il mio cuore ha sanguinato! XD
      È vero, la tua situazione è particolare, passando tanto tempo in un angolo di Giappone al centro di Roma. Immagino sia straniante, prima di farci l'abitudine.
      Avere amici curiosi è sempre una grande fortuna (non sempre per loro, che pure io se mi si dà un po' corda vado avanti a macchinetta a parlare delle cose che amo), sia perché ascoltano che perché insegnano tanto a loro volta.
      Certo, lo stereotipo fa male ed è fastidioso in entrambi i sensi. Ricordo bene la conoscenza più che vaga dei giapponesi sull'Italia, ancora attaccati all'immagine di Girolamo, mannaggia a lui!
      Mi spiace che anche tu di recente abbia avuto a che fare con individui poco piacevoli, ma hai ragione, l'unica in questi casi è assumere atteggiamento zen e andare avanti, senza sprecare energie arrabbiandosi o cercando di fare capire il proprio punto di vista.
      A presto e un abbraccio a te!

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  8. Che tristezza, anche a me capita in continuazione e non solo con i paesi, ma soprattutto con categorie di persone come ebrei, zingari... che per quanto le intenzioni possano essere buone, è molto pericoloso. Eppure il cervello umano funziona molto meglio tramite l'euristica, queste fastidiose categorizzazioni. Sarebbe bello trovare una soluzione, ma non ce l'ho se non mantenere la calma e cercare di mostrare che non è tutto così semplice.

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    1. Ecco, anche quello è un argomento spinosissimo su cui ci sarebbe tanto da dire, a partire dalla strumentalizzazione che poi viene fatta di quegli stereotipi. Ma davvero si aprirebbe un vaso di Pandora.
      Forse è inevitabile mettere tutto dentro scatoline ordinate per comprenderlo meglio, basta però tenere a mente che quelle scatoline sono create da noi e esistono solo nella nostra testa. Restare sereni non è sempre facile, ma arrabbiarci fa male solo a noi e non è utile, quindi davvero la calma è la soluzione migliore.

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