29/11/14

Le insidie del ganbatte

Nature’s first green is gold,
Her hardest hue to hold.
Her early leaf’s a flower;
But only so an hour.
Then leaf subsides to leaf.
So Eden sank to grief,
So dawn goes down to day.
Nothing gold can stay.

Non mi faccio viva da più di un mese. Non è stato un mese dei più facili e non so bene da dove iniziare a raccontarlo.

Intanto, mi spiace deludervi, ma ho rinunciato al lavoro all'izakaya. Non è affatto il posto che molti di voi avevano immaginato. Ho provato una domenica sera, dopo la chiusura dell'ufficio di custodia bagagli, e ho capito che dodici ore di seguito (oltre a non essere legali col visto studentesco) non le reggo. Ci sono anche altre ragioni per cui non mi sento a mio agio lì, ma di questo parlerò in un post ad argomento completamente diverso che ho in mente da un po'.

Cosmos at Kameoka
Cosmos, i fiori con cui si fa hanami in autunno



In novembre ho preso due domeniche di vacanza dal lavoro del fine settimana, una per andare a Uji al Genji monogatari stamp rally e l'altra per visitare il Monte Takao a un anno esatto di distanza dall'ultima volta, una giornata di hiking, immersione nella bellezza e pensieri un po' tristi.

Kyotaki
Kyotaki

Mi rendo conto ci siano problemi peggiori che avere da lavorare, ma da un po' di tempo a questa parte non dormo bene. Dopo la scuola devo studiare, uso i ritagli di tempo libero in negozio o in ufficio per mettermi avanti coi compiti, ma la concentrazione difficilmente è al massimo. Il martedì e il giovedì pomeriggio una parte di me mi dice di mettermi sui libri e darci dentro, l'altra che dovrei andare ad ammirare l'autunno che tinge tutto di rosso, concedermi qualche ora per me stessa. Qualunque voce ascolti, mi sento in colpa con l'altra metà per le cose che non sto facendo.
A volte sento semplicemente il bisogno di una giornata in cui non dover rivolgere la parola a nessuno, in cui poter stare da sola da mattina a sera.

Momiji, Takao
Momiji, Takao

Oggi mi sono decisa finalmente a chiedere il sabato libero per le prossime due settimane, in vista degli esami di fine trimestre, e mi sento più leggera. Il capo ha acconsentito alla richiesta, ma ridacchiando "Elena, sei un po' viziata eh!".
E poi, tutti, continuano a dirmi "Ganbatte ne!", metticela tutta! Solo adesso sento su di me tutto il peso di un'espressione che si radica nella cultura di questo Paese, il significato reale di quella parolina che tante volte ho detto a me stessa per spronarmi a dare il massimo, e trovo spesso tra i commenti con le migliori intenzioni, come incoraggiamento sincero.


Kamogawa
Ciliegi lungo il Kamogawa

In Giappone, però, il ganbatte ha anche sfumature di significato diverse. "Ganbatte" è impegnati non solo al massimo delle tue possibilità, ma anche oltre, perché è questo che noi ci aspettiamo da te. "Noi" sono gli insegnanti, i datori di lavoro, la società in generale.
Se voglio prendermi un giorno libero devo necessariamente addurre la scusa dello studio - e anche in questo caso qualcuno storcerà il naso. È impensabile chiedere un giorno di vacanza per riposare. Fare una passeggiata, dormire fino a tardi, andare al cinema, vedere un amico, sono desideri che ti rendono viziata.

Shinsenen
Shinsenen


Fushimi Inari
Fushimi Inari
Io ero viziata, molto viziata, e per tanto tempo ho faticato a definirmi adulta. Anche ora l'idea non mi piace affatto, perché continuo ad associarla alla perdita di qualcosa di insostituibile.
Sono sempre stata considerata una ragazza seria, nessun avvenimento nella mia vita ha mai influito sul mio rendimento scolastico, perché ci sono cose "che si devono fare", e non sono mai stata indulgente con me stessa a riguardo.
In qualche modo sembra che comunque non basti. Bisogna cogliere ogni possibilità che capita, perché sì è bello uscire a divertirsi, ma quelle sono cose da ragazzini e a noi non servono, abbiamo il lavoro a nobilitarci.
Fin da quando, adolescente, immaginavo il futuro, per me il lavoro è sempre stato il mezzo, non il fine. Certo, se si ha la fortuna di amare ciò che si fa allora se ne riceve il doppio, ma credo che la vita sia fuori. Annullarsi, spegnersi e rinunciare a ciò che rende felici, non vorrei fosse l'unica via per diventare adulti.

Non ho fatto altro che ribellarmi a questa prospettiva, fin da quanto a scuola mi consideravano strana (per non dire degenerata) perché l'idea di trovare un lavoro d'ufficio e mettere su famiglia non mi ha mai attratta. Per me l'obiettivo finale è sempre stato la felicità, e che ognuno la persegua come crede. Eppure ora, che non ho più l'ingenuità e la faccia tosta dei diciassette anni per dire "non me ne frega niente del giudizio degli altri", per la prima volta ho il dubbio di essere nel torto. Forse crescere vuol dire sul serio rinunciare, e tutti in qualche modo dobbiamo abbracciare la filosofia del ganbatte - magari non ai livelli dei giapponesi, che hanno persino una parola che significa "morte per troppo lavoro" (過労死, karoushi).

Kameoka
Visioni bucoliche

Questo mese ho pianto tanto senza una ragione precisa, e più volte mi si è bloccato il respiro all'improvviso. Le persone che mi vogliono bene mi hanno detto, tutte, che devo fermarmi un attimo e mettere me stessa tra le priorità e sì, anche essere egoista e viziata. Forse sono ancora immatura, a quasi 29 anni, ma il lusso di avere un giorno a settimana del tutto libero da impegni mi serve per sopravvivere.

22 commenti:

  1. Io non penso affatto che tu sia viziata. Il tuo percorso, le tue scelte, e tutto ciò che stai facendo raccontano il contrario. Il Giappone non è indulgente con i bisogni personali, ci vuole una grande forza per andare avanti e secondo me tu devi ricordarti che ce la stai davvero mettendo tutta. Ti sentiresti sotto pressione anche in Italia, ma quando hai vicino le persone su cui puoi contare è un po ' più semplice.
    Lì devi contare solo sulle tue forze e se ogni tanto senti la necessità di fermarti un attimo non sentirti in colpa. Le lacrime, la mancanza del respiro, sono segnali che devi ascoltare assolutamente.
    Ti abbraccio forte.

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    1. Ti ringrazio tanto, mi ha fatto bene leggere le tue parole. Sara` che per me e` un momento un po' delicato, ma ultimamente ho iniziato a dubitare di tante cose che sono sempre stati punti fermi per me, e ricevere appoggio mi conforta molto.
      Davvero, grazie di cuore. Un abbraccio forte a te.

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  2. La penso esattamente come Ciccola. Il lavoro è importante e quando si lavora si deve dare il massimo, però il riposo è altrettanto importante, altrimenti poi non si renderà più sul lavoro. Inoltre tu studi quindi è doppia fatica. Non vergognarti mai di chiedere giorni di riposo nè di chiedere aiuto.
    Se hai bisogno scrivimi sulla mail! Un abbraccio. ^3^

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    1. Grazie mille, ogni volta ricevere parole di appoggio qui sul blog mi rende un po' piu` forte, un po' piu` sicura di me e di quello che sto facendo.
      A volte, nonostante tante persone mi dicano di non fare tutto da sola, e di non esagerare con gli impegni, sono piu` cocciuta di un mulo e finche` non ci sbatto la testa vado avanti col paraocchi...
      Ancora grazie, ti abbraccio!

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  3. Cara, carissima Elena, un po' delle cose che penso te le ho dette di persona, un po' i nostri pensieri si sono incrociatati in post sul web, io a 43 anni anche se la vita mi chiama adulto non credo di esserlo e mi sono rassegnato a morire immaturo.
    Un Giapponese non capirà mai il bisogno di passare una giornata a riposarsi o comunque disattendendo il compito assegnato. A meno che questo Giapponese non abbia lasciato il Giappone e le sue regole sociali.
    Ti ricordi parlavamo del fatto che i Giapponesi continuano tutti o quasi a lavorare dopo la pensione, non hanno paura a discendere la piramide sociale pur di aver un compito. Mi sono accorto che un Giapponese vero probabilmente ha bisogno, necessità di avere un compito chiaro...sia anche: "vado a far parcheggiare le macchine allo spiazzo del seven eleven" ... invece molti Italiani hanno bisogno ogni tanto di svegliarsi e dire: "che faccio adesso...boh vediamo se c'è il sole fuori".
    Loro programmano tutto e noi improvvisiamo, chi a raigione? Nessuno ... ma penso che come diceva la canzone puoi "distruggerli con la fantasia" ... visto che sei ancora molto giovane! a presto

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    1. È vero Danilo, ne abbiamo parlato tanto sia di persona che sul web, però poi trovarsi davvero nella situazione spiazza comunque.
      Credo che cercare di conformarsi alla mentalità lavorativa giapponese sarebbe solo un modo per farsi venire l'esaurimento nervoso, ed essere poi costretti a mollare tutto per non crollare.
      Voglio mantenere ancora per un po' la speranza che ci sia un modo per adattarsi, per bilanciare il mio modo di essere e il loro e far vedere che ho qualcosa da offrire, anche se la mia maniera di fare le cose è diversa. Se invece non fosse proprio possibile, credo che la soluzione sarà inevitabilmente cercare fortuna da qualche altra parte, perché al "privilegio" di potermi svegliare una mattina col bel tempo e decidere di fare una passeggiata non voglio rinunciare.
      Mi sa che anche io "adulta", nel modo in cui la parola è intesa dalla società e dalla maggior parte delle persone, non lo diventerò mai, ma forse va bene così, no?
      Grazie, a presto!

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  4. Quanto ti capisco!
    Non sei tu strana o che, almeno non qui. Io ti do ragione con tutto il cuore.

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    1. Grazie! Per fortuna, ero arrivata davvero al punto di credere che il mio modo di pensare fosse fuori dal mondo, ma vedo che tanti la pensano come me e mi rasserena un po'!

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  5. Avere il sabato libero, da dedicare solo a se stessi e a chi si ama, secondo me, é semplicemente amore di sé, altro che essere viziati... ma questo noi lo sappiamo, ovviamente, molti giapponesi purtroppo continuano a scambiarlo per egoismo... anche se secondo me la pensano esattamente come noi, ma hanno il timore di ammetterlo... 無理にしないで :) sai che penso io, che quando lavorerò in Giappone, in qualità di 外人 potrò leggermente e lecitamente uscir fuori dai rigidi binari... senza strafare ovviamente, ma in fondo non siamo mica giapponesi noi ;)

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    1. Hai ragione, ogni tanto bisogna giocarsi la carta 外人, per poter godere almeno di quel minimo di elasticità che ci permette di sopravvivere a un sistema lavorativo così diverso da quello a cui siamo abituati.
      Come dici tu anche tanti giapponesi con cui mi sono confrontata pensano che certi ritmi di lavoro siano insostenibili, però svincolarsi dal modo di fare della maggior parte della popolazione è difficile, e si adattano nonostante tutto.
      Io però la mia piccola dose di "egoismo", se così vogliono chiamarla, devo tenerla stretta per non impazzire.

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  6. Non sei viziata, te l'assicuro! Avere almeno il sabato libero è un sacrosanto diritto!
    E poi ti stai impegnando davvero tanto in quello che fai.
    Sul fatto che il lavoro sia un mezzo e non un fine sono pienamente d'accordo. Da quando lavoro (ufficio, tempo pieno, orrendo sobborgo industriale e via discorrendo) mi sento come se mi stessero portando via un pezzo della mia vita (e il restante pezzo sono troppo spesso troppo stanca per godermelo ç__ç). Non sono qui per lamentarmi ma devo dire che più passo del tempo in questo sistema e più mi sembra assurdo che si finisca a vivere per lavorare\studiare T__T

    PS: Un po' di egoismo aiuta a vivere meglio, secondo me ^^

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    1. Grazie mille, sembreranno cose scontate forse, ma davvero le mie certezze cominciavano a vacillare.
      Guarda, lamentarsi di questo sistema secondo me è sacrosanto, e un po' di egoismo a volte sembra l'unica via per non soccombere. Credo ci voglia davvero tanta forza di volontà per non trovarsi ad avere soltanto il lavoro, ma riuscire anche a viverci intorno. Capisco benissimo la sensazione che portino via un pezzo di vita, tenerne un pezzo solo per se stessi è indispensabile, ma davvero difficile quando si torna a casa stanchi dopo una lunga giornata.

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  7. Cara Elena, come prima cosa ti abbraccio forte forte, penso che in questi momenti tutti noi abbiamo bisogno di tutto l'affetto possibile, quindi anche se solo virtualmente ti sono vicina e ti abbraccio.
    Non sentirti assolutamente viziata, e non permettere loro di fartici sentire, prenditi tutto quello di cui hai bisogno senza problemi, perché ricordati TU vieni prima di tutto, e la felicità non può che passare da noi stessi. Non è facile, e spesso ci si sente, o ti fanno sentire degli egoisti, ma essere egoisti è quello di cui spesso abbiamo bisogno. Per stare bene. Per poter andare avanti.
    Io sono una persona che ha sofferto per questo, il non sentirsi mai abbastanza, il sentire di perdere pezzi per strada, il "dover fare questo e altro", la pressione sociale su quello che a una certa età devi fare, cosa che in Giappone è ulteriormente amplificata (ed è il motivo, almeno uno dei vari, che mi hanno allontanata da laggiù). Ne soffro tutt'ora, ma con gli anni ho sviluppato quello che il mio ragazzo definisce "lo sticazzismo", qualità che dice di invidiarmi, e che forse dovrei divulgare al mondo! :)
    Fai quello che puoi, e dove non arrivi, o non vuoi arrivare, passami il francesismo, "sticazzi". Sti cazzi degli altri, delle pressioni, del dover fare. Certo, forse è un po' brutale detto così, e ovviamente non dico di darsi al fancazzismo assoluto, ci mancherebbe, ma è una modalità di pensiero che aiuta. Che poi capiamoci, "sticazzi" non è mai veramente, ma anche solo pensarlo, o dirlo, permette di andare avanti. Visione totalmente antitetica a quella giapponese, eh? ;)
    Sul resto, io credo che sia il nostro sistema a essere profondamente sbagliato, la vita è altro, a parte il lavoro, lo studio, ma si finisce schiacciati dall'ingranaggio e non è facile svincolarsi da questo meccanismo. Io ho la fortuna di lavorare in un bel posto, che mi permette di stare qui e lì allo stesso tempo, ma lo stesso mi sembra di perdere il senso di tutto questo, e possiamo metterla come vogliamo: il lavoro di ufficio, la routine casa-lavoro ammazzano, alla lunga e lentamente. Sta a noi spezzarla, ma non sempre riesce, e non sempre è facile. C'è da lavorarci, ogni santo giorno! :)

    Di nuovo un abbraccio forte Elena, e se ti serve, sappi che ci sono! :*

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    1. Grazie grazie grazie Dany, di cuore! Un abbraccio è proprio quello che mi serviva.
      A me fa una rabbia che mi facciano sentire "sbagliata" per delle necessità che credo siano perfettamente umane, ma in questo periodo forse non ho la lucidità e la forza, né l'appoggio sufficiente intorno, per restare ferma nelle mie convinzioni.
      Da un lato lo vivo un po' come un periodo di prova, per capire se sarei effettivamente in grado di vivere qui, se c'è modo per ritagliarmi il mio spazio all'interno di questo sistema, o se semplicemente non c'è modo. Forse ora è ancora più dura perché nel frattempo studio, e con la testa sempre impegnata a imparare la stanchezza si sente anche di più.
      Lo "sticazzismo" è effettivamente un'ottima qualità, dovrei cercare di svilupparla anche io, perché veramente la parte più grande del problema sono le pressioni dall'esterno, le aspettative e le ansie che ne conseguono. Che poi tante volte le persone che contano sono le prime a capire, a dire di fare un passo indietro, e le pressioni ce le autoimponiamo noi credendo di non stare mai facendo abbastanza.
      In mezzo alla perenne confusione su quello che voglio per il mio futuro, ho sempre avuto molto chiaro quello che NON voglio. Essere schiacciati è facile, lasciarsi trascinare dall'ingranaggio la cosa più semplice da fare, e a volte ho il dubbio che per quanto ci si impegni a un certo punto la stanchezza prevalga, e la vita vera intorno al lavoro a poco a poco svanisca.
      Forse la capacità di dire "sticazzi" ogni tanto è proprio quello che mi manca, e così arrivo troppo vicina al mio limite di sopportazione.
      Ancora grazie di cuore, sembrerà una cosa da nulla, ma così tante volte i commenti sul blog mi hanno aiutata molto più di quanto si possa immaginare, sapere che dall'altra parte dello schermo c'è qualcuno che non ho mai incontrato ma capisce, mi fa vedere le cose in una prospettiva più lucida, e in definitiva mi sostiene da lontano, mi fa tanto bene.
      Ti abbraccio forte :*

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  8. Già, cercare la Felicità ... lo sai, è un concetto che che mi è caro e che condivido in pieno!
    Impegnativo, al di là delle apparenze, perché richiede tenacia e sbattimento, anche quando si preferirebbe lasciare scorrere gli eventi. Invece su le maniche, coscienza e senso di responsabilità sempre accese.
    Tutto vero, però Elena, io credo che a volte felicità voglia dire soprattutto equilibrio. Anche quando può significare fare una cosa in meno per fare bene le restanti dieci che già si fanno. Non sempre è un'occasione persa, spesso diventa lucidità. Anche quando vuol dire staccare la spina per un giorno di sano black out.
    Anche quando si rinuncia a qualcosa nell'immediato, si accetta il compromesso per portare a casa una posta più alta in futuro. Vuol dire questo crescere?
    Mah. Di certo, secondo me, crescere significa anche andare contro una "normalità" che non ci appartiene fino in fondo, reclamando un sacrosanto diritto ad un sabato da dedicare al proprio piacere, qualsiasi esso sia.
    Prenderne consapevolezza, fermarsi in tempo ed evitare di lasciarsi trasportare dove non si vuole.
    Ecco, volevo dirti che secondo me hai scelto bene.
    A presto

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    1. Proprio così, la ricerca della felicità è un lavoro a tempo pieno, certo a volte gli eventi non dipendono da noi, ma per quel che è in nostro potere bisogna impegnarsi al massimo e avere cura di noi stessi come prima cosa.
      Ti ringrazio per il sostegno Filippo, è vero, fare tante cose spesso porta a non farne bene nemmeno una, e una parte importante del crescere, secondo me, è conoscere i propri limiti e imparare a dirsi "basta" quando si arriva pericolosamente vicini al punto di rottura. Il senso di responsabilità non bisogna averlo solo verso gli altri, ma prima di tutto verso se stessi.
      La "normalità", in fondo, non significa nulla, e tante volte è un'idea che ci limita e basta.
      A presto!

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  9. Ciao Elena, ho trovato il tuo blog per caso cercando letture interessanti sul Giappone, che mi manca tanto! Penso ci sia una bella differenza tra l'essere viziati e l'avere rispetto per se stessi...e chiedere un giorno di riposo rientra nella seconda categoria :) Crescere significa indubbiamente prendersi delle responsabilità, ma sta a noi cercare di mantenere quella freschezza e quel pizzico di egoismo che ci permettono di non perdere la bussola tra i tanti doveri. Dal tuo post emerge quello che anche io ho pensato quando sono stata in Giappone: troppo lavoro, troppo senso del dovere, un peso difficile da sostenere...Purtroppo non ho retto a quei primi mesi di adattamento, forse perchè in quel momento non ero nell'ordine di idee per farlo, e sono ritornata a casa, pentendomene molto. Penso che ci voglia molta forza d'animo per vivere così lontani e abituarsi a uno stile di vita tanto diverso, ed è normale avere momenti di sconforto.. Ma piangere fa bene ed è liberatorio, aiuta a ricominciare.
    Fatti coraggio e non perdere te stessa :)

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    1. Ciao Rossella, benvenuta e grazie per il commento!
      Capisco bene la sensazione di voler scappare da questo sistema, e se per te non era il momento giusto hai fatto bene a tornare a casa. Mi dispiace molto che poi te ne sia pentita, ma a volte seguire i propri bisogni è la cosa più importante, e ti auguro di cuore di avere altre occasioni, magari con maggiore serenità.
      Il Giappone non è un Paese a misura di singolo purtroppo, e essere considerati viziati è il prezzo da pagare per un po' di sacrosanto tempo libero. Spero di riuscire a tenere a mente le cose importanti, e a non farmi schiacciare da chi vuole farmi sentire in colpa.
      Ancora grazie mille! :)

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  10. quando ho letto questo post mi sono venute in mente quelle persone che si definisco ( magari proprio nei profili di blogger) "impiegata, commercialista, mamma, moglie, sorella, figlia..." . Ogni volta che leggo ste cose mi viene da pensare: sì, ma tu CHI SEI? Puoi davvero essere definita attraverso quello che fai o sei per gli altri? Sei il tuo lavoro? Io spero davvero che ci sia dell'altro, perché come dici tu il lavoro è solo un mezzo e la visione che gli altri hanno di noi resterà sempre e solo una visione parziale. Chi siamo lo decidiamo ( e lo sentiamo) solo noi.

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    1. Mi ero persa questo commento per strada :)
      Sono d'accordo, definirsi attraverso il proprio ruolo (oltre ad essere molto giapponese) è un po' limitante. Ognuno è fatto di tante cose, quelle che amiamo e quelle che ci danno fastidio, quelle che condividiamo ma anche quelle solo nostre. E non dimenticarsene è fondamentale per non perdere parti di sé.

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  11. Sono capitato qui per caso cercando il significato della parola ganbatte. Che fortuna! è un blog meraviglioso. Ma vedo che hai smesso di postare da oltre un anno. Che peccato. Mi andrò a guardare le chicche del passato. Grazie :-) Giovanni

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