02/09/11

Genesi di un amore

Non mi è facile iniziare a parlare della mia passione per il Giappone, principalmente perché non so dire da dove arrivi. La maggior parte delle persone inizia presto a leggere manga e sogna di un Paese tutto uniformi scolastiche e grandi metropoli illuminate. Anche io da bambina guardavo Sailor Moon e svariati altri cartoni (no, non li chiamavo anime) propinati da Italia Uno all'ora di merenda, ma per anni nessuno ha potuto reggere il confronto con l'amata Disney.
Non sono stata un'adolescente esaltata dal J-Pop, e credo che piuttosto che ascoltare emuli nipponici dei Backstreet Boys mi sarei sparata. Io ascoltavo i Sonic Youth ed ero grunge e incazzata col mondo, e il modello di maschio efebico osannato dalle fan-girls mi avrebbe fatta solo ridere.
Verso i diciotto anni la mia giovanile passione per la settima arte mi portava a leggere recensioni e curiosare sulle riviste per trovare qualche nuovo film da andare a vedere di pomeriggio a pochi euro con la mia migliore amica. Rimasi folgorata da Ferro 3, che non è giapponese, certo, ma mi aprì le porte del magico mondo del cinema orientale.
Più o meno nello stesso periodo la visione di Kill Bill mi mise in testa l'idea che avrei dovuto assolutamente imparare il giapponese. Andavo ancora a scuola e tutte le mie risoluzioni duravano meno di una settimana, compresa questa.
Un paio di scelte sbagliate mi hanno portata, con tre anni di ritardo sui miei coetanei, a spulciare di nuovo tra i corsi universitari. Potevo pure cercare di convincermi che un lavoro a tempo indeterminato che non implicasse alcun impegno mentale fosse una buona soluzione, ma l'idea di un altro giorno da impiegata senza ambizioni a un certo punto è diventata insostenibile. Mi serviva una nuova sfida.
Il giapponese era una sfida. Ora, leggendo blog e forum vari, mi sembra che ci siano un'infinità di persone che lo studiano e lo parlano, ma in quel momento era una cosa avventata, una cosa che sarebbe stata solo mia.
Da quel momento sono passati solo tre anni, e immagino che questo faccia di me una sorta di parvenue della nippofilia. Ma se allora non avevo idea di ciò che quella decisione poco ponderata avrebbe comportato, oggi sono consapevole delle difficoltà e ho scelto coscientemente di progettare su quella sfida il mio percorso di vita.

2 commenti:

  1. Ciao Elena, ho letto solo oggi il tuo primo post (io sono tra i malati che quando leggono un blog devono sempre vedere com'è iniziato, non so perché! Nella mia mente è come se fosse l'incipit di un libro!), e cavolo abbiamo davvero molto in comune!
    Neanche io ero un'adolescente fissata con manga e anime (e in realtà non lo sono neanche oggi, ma sto migliorando! :P) e quando ho cominciato, a differenza di tanti miei compagni che conoscevano già hiragana, katakana e un numero imprecisato di parole, io di giapponese conoscevo soltanto sayonara...
    Anche io mi sono avvicinata al giapponese quasi per sfida, in maniera del tutto avventata non sapendo praticamente nulla di questa lingua e della sua cultura, anche se per me lo stimolo è stato un anime: Ranma 1/2, volevo capire che diamine c'era scritto sui cartelli di legno che il papà di Ranma utilizzava quando diventava panda!! E anche io sono arrivata tardi all'università, dopo due anni di lavoro e dopo aver capito che quella vita da impiegata proprio non faceva per me (non che poi oggi sia molto diversa da allora, ma certo che lavorare in un contesto giapponese dà comunque un altro stimolo alle giornate!).
    Spero di non averti annoiata, ma mi ha fatto piacere sapere che abbiamo molto in comune, nella nostra storia col giapponese :)

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    1. Ciao Daniela, che piacere leggere questo commento e scoprire che abbiamo così tante cose in comune!
      Ricordo le mie prime lezioni, in cui mi sentivo sempre indietro rispetto a ragazze già bravissime, che capivano al volo ogni parola del sensei mentre a me sembrava di sentir parlare un alieno: come mi sentivo sconfortata! Fortunatamente non ho assecondato il primo impulso a buttare via i libri e lasciare perdere tutto. Mi sorprendo sempre quando penso che una cosa iniziata quasi per gioco, senza pensarci troppo, mi abbia affascinata a tal punto da decidere di investirci così tanto per il mio futuro.
      Sapere che anche tu hai avuto un inizio simile, con qualche anno di ritardo e partendo da zero, mi rincuora. Mi dà speranza sapere che sei riuscita a lavorare nel tuo campo e nel contesto che ami.
      Grazie mille per aver condiviso queste cose con me! :)

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