14/05/12

Recensione: L'isola dei naufraghi

L'isola dei naufraghi
Kiyoko e il marito Takashi, nel corso di un viaggio in barca intorno al mondo, naufragano su un'isola disabitata al largo di Taiwan. Dopo alcuni mesi giungono sull'isola anche ventitre giovani giapponesi in fuga da un lavoro sfiancante e undici uomini cinesi, clandestini abbandonati sulla rotta verso il Giappone. Kiyoko è l'unica donna del gruppo e per questo è contesa e desiderata da quasi tutti gli altri abitanti di Tokyojima (ovvero Isola di Tokyo, il nome che i naufraghi hanno attribuito alla loro nuova dimora): ogni due anni si tiene una lotteria il cui vincitore diventa il marito di Kiyoko, l'unico che ha diritto di godere del suo corpo e delle sue attenzioni.
A Tokyojima i cinesi - ribattezzati hongkong - sono organizzati ed efficienti, imparano presto ad essiccare il cibo e sfruttare al meglio le risorse offerte dall'isola; i giapponesi, al contrario, si lasciano prendere dalla nostalgia di casa e dalla noia, cercando di combatterla con attività frivole e vezzi bizzarri.
Col passare del tempo, man mano che il ricordo della società civile si affievolisce, vengono a galla atteggiamenti in precedenza impensabili, l'istinto e l'individualismo hanno il sopravvento e meccanismi psicologici complessi si innescano e modificano la personalità dei naufraghi in modo sostanziale.



La Kirino sovverte le convenzioni sociali giapponesi, mostra come in una situazione estrema l'uomo tenda a pensare a sé ignorando i bisogni della collettività nonostante l'educazione ricevuta e gli anni trascorsi all'interno di un sistema che privilegia l'insieme rispetto all'unità. Proprio gli elementi marginali o addirittura disprezzati, quelli meno conformi a vivere con gli altri o gli stranieri, con un diverso background di tradizioni e cultura, sono quelli che meglio si adattano alle difficili condizioni dell'isola, riuscendo a collaborare più efficacemente e a trarre dalla natura tutto ciò di cui hanno bisogno.
L'autrice si concentra sulla psicologia di pochi personaggi mentre gli altri rimangono sullo sfondo, riuscendo così a dipingere convincentemente sia le reazioni mentali di diversi soggetti, sia quelle di gruppo e le dinamiche che si creano tra i naufraghi in una continua escalation di tensione e disperazione.
Partendo da un presupposto non esattamente originale - il naufragio a più riprese in stile Lost - si giunge a una critica non proprio velata di alcuni aspetti della società nipponica. Nonostante alcuni aspetti decisamente interessanti, però, il libro fatica a decollare e i personaggi, abbrutiti dall'esperienza (o forse già meschini anche prima del naufragio), difficilmente otterranno la simpatia del lettore. Alcune parti, nelle quali si ripetono le stesse scene già lette e rilette in precedenza, trasmettono sì la sensazione provata dai protagonisti di una vita sempre uguale, come le onde che blandiscono la sabbia, ma finisce a lungo andare per annoiare.
Per questo consiglierei L'isola dei naufraghi a chi fosse particolarmente interessato al tema e ai suoi sviluppi o agli ammiratori della prosa di Natsuo Kirino; per gli altri davvero non si tratta di un romanzo imperdibile.
Voto: ★★★/5

桐野 夏生 Kirino Natsuo
L'isola dei naufraghi
Titolo originale: 東京島 Tokyo-jima
Anno di pubblicazione: 2008
Traduzione di Gianluca Coci

12 commenti:

  1. Questo romanzo l'avevo preso in mano in libreria qualche tempo fa ma,avendo parecchi libri arretrati da leggere,l'avevo rimesso a posto.Natsuo Kirino è una scrittrice che mi piace molto comunque,anche se i suoi libri sono molto duri.Uno dei miei preferiti è Grotesque,secondo me è illuminante per quanto riguarda la condizione della donna in Giappone..

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    1. Anche questo libro è decisamente duro, non risparmia particolari di violenza, anche sessuale, e smaschera così la crudeltà di cui è capace l'animo umano. Pur non avendomi esaltata questo libro mi invoglia a conoscere meglio la Kirino (Grotesque non l'ho letto, lo aggiungo alla lista dei recuperi).

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  2. Natsuo Kirino mi ha colpita secca allo stomaco con "Le quattro casalinghe di Tokyo", e l'ho subito amata. Mi piace innanzitutto il fatto che è una donna che "scrive come un uomo" (passami il termine). Per tutti quelli che pensano che le giapponesi siano tutte carine, fragili e un po' gheishe (visione maschilista che mi infastidisce molto), lei per me è una donna con la D maiuscola.

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    1. Capisco bene cosa intendi con "scrive come un uomo" e la trovo una definizione azzeccatissima: ho pensato proprio quello mentre leggevo L'isola dei naufraghi. Di certo non si uniforma al modello prevalente (o considerato tale) e non ha paura di dirlo, e per questo è da stimare.

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  3. Splendida recensione, come sempre.
    Della Kirino ho letto solamente Out, che mi ha colpito molto (anche se non posso dire di averlo amato in toto). 'L'isola dei naufraghi' non mi ha mai ispirato più di tanto, quindi dovrò darmi ad altre sue opere. Cosa mi consigliate?

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    1. Ti ringrazio!
      In realtà questo è il primo libro della Kirino che leggo, ma visti i commenti sopra e le recensioni lette in giro direi di iniziare con Le quattro casalinghe di Tokyo, il suo libro più conosciuto, e con Grotesque (entrambi nella mia lista prioritaria di cose da recuperare).

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  4. Terrò conto, ma non credo mi cimenterò.

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    1. Se non ti ispira troppo il tema questo libro non è fondamentale, di certo puoi dedicarti prima ad altre letture.

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  5. Il tema mi incuriosisce parecchio, mi ha un po' ricordato un film di Hitchcock che si intitola "Prigionieri dell'oceano".

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    1. Non conoscevo questo film di Hitchcock, me lo segno. Di certo il titolo suggerisce un'atmosfera simile a quella del libro.

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    2. Davvero? allora magari lo recensisco, temo sempre conoscere film che hanno già visto tutti.

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    3. Sui film datati ho lacune enormi, leggerei con piacere una recensione!

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